giovedì 7 novembre 2013
Blues Fest 2013 - Ron Wood & His Band - Tribute to Jimmy Reed
Blues Fest 2013, Londra, Royal Albert Hall, 1 Nov. 2013
E’ una splendida ed affascinante Royal Albert Hall, praticamente esaurita in ogni ordine di posti, ad ospitare l’ultimo atto della Blues Fest 2013, Ron Wood & His Band, per il tributo ad uno degli artisti che più hanno contribuito all’affermarsi della musica blues negli anni ‘60, Jimmy Reed.
La band, con Mick Taylor alla chitarra e in alcuni numeri Ben Waters al pianoforte, già schierata sul palco, accoglie l’anfitrione della serata, Ron Wood, giacca a pois bianco / blu e Gretsch White Falcon a tracolla, e si lancia in una travolgente Natural Born Lover seguita da un altrettanto impetuosa Let’s Get Together: è il blues che abbiamo imparato ad amare, quello sporco, sanguigno, puro.
Si prosegue con due grandi classici, Baby What You Want Me to Do e Ain’t That Lovin’You Baby e si capisce che sarà una grande serata con Wood e Taylor sugli scudi, capaci di deliziosi scambi chitarristici, per rileggere con sorprendente fedeltà suoni e licks dell’artista tributato.
Prima grande sorpresa l’entrata in scena di Bobby Womack, amico di lunga data di Wood: chitarra mancina e voce da vendere per Big Boss Man e Bright Lights Big City, sembra di essere in un juke joint e non nella tradizionale sala da concerti che conosciamo; l’atmosfera dapprima composta, quasi timida al cospetto dell’importanza della venue, si fa via via sempre più eccitante ed elettrizzante, fino a farsi quasi fumosa tanta è la passione che trasuda dal palco.
Una toccante High and Lonesome, quindi Mr. Luck, Blue Carnegie e I’m That Man Down prima dell’arrivo sul palco di Mick Hucknall per Nowhere To Go, gran voce soul, proprio bravo il “rosso”.
Un classico, I Ain’t Got You e Paul Weller, voce e chitarra per Shame Shame Shame, a fianco di Wood, che si prodiga anche all’armonica, e Taylor: stupendo vederli a semicerchio a scambiarsi assoli e frasi di chitarra.
La serata volge velocemente alla conclusione con You Don’t Have to Go, una grandiosa Honest I Do e finale con Roll and Rumba, Upside Your Head e Going To New York.
Un gran bel concerto suonato alla grande da una band, in aggiunta ai già citati - Ian Jemmings al basso, Dave Green al contrabbasso, Dexter Hercules alla batteria - veramente in palla e coesa, capace di ricreare suoni ed atmosfera sicuramente in linea con le proposte musicali di Jimmy Reed. Menzione particolare per un inspirato Mick Taylor e per il padrone di casa, Ron Wood, istrionico, spiritoso, quasi clownesco ... Ronnie Be Goode, tonight!
Setlist:
Natural Born Lover
Let's Get Together
Baby What You Want
Ain't That Lovin' You Baby
Big Boss Man (with Bobby Womack)
Bright Lights (with Bobby Womack)
High and Lonesome
Mr. Luck
Blue Carnegie
I'm That Man Down
Nowhere To Go (with Mick Hucknall)
I Ain't Got You
Shame Shame (with Paul Weller)
You Don't Have To Go
Honest I Do
Roll and Rumba
Upside Your Head
Going to New York
giovedì 31 ottobre 2013
The ROLLING STONES at Sir Morgan's Cove, 1981
Sin dal 17 agosto, quando i Rolling Stones si trasferirono a Long View Farm, sala di registrazione, a North Brookfield, MA, per incominciare le prove per il loro primo tour negli Stati Uniti in tre anni, le voci di un loro possibile concerto a sorpresa si sono sparse in tutto il New England.
Finalmente, il 14 settembre, sotto lo pseudonimo di Blue Monday & The Cockroaches, suonarono – e dimostrarono che la loro magia era rimasta immutata in oltre 20 anni.
Lo show venne organizzato nel modo più semplice possibile. Vennero distribuiti 300 biglietti attraverso la WAAF-FM, una radio rock di Worcester, non lontano da Long View.
I fortunati furono principalmente quegli ascoltatori che indossavano un badge con il logo della stazione radio o avevano uno sticker adesivo sulla loro auto. Il luogo del concerto – un rock club di Worchester, il Sir Morgan’s Cove – venne maldestramente mantenuto segreto fino a che un’altra stazione radio, la WBCN-FM di Boston, nel giro di un’ora, svelò la location. Non volendo provocare disordini, la stazione radio avvertì i propri ascoltatori di non recarsi neppure al piccolo club data la limitatissima disponibilità di ingressi. Una folla stimata intorno ai 4000 fans formò una fila fuori dal club lunga ben 3 isolati ...
Le forze dell’ordine di Worcester, in totale un centianio di effettivi, mantenevano la folla lontana dalla strada e monitoravano l’accesso al club addirittura dai tetti degli edifici intorno. Venne effettuato qualche arresto per piccoli disordini e utilizzati gli idranti per disperdere la folla ma dopotutto l’atmosfera era comunque quella di una festa rionale. Sotto una pioggia intermittente qualche fan ebbe da dire con i giornalisti presenti e con qualche locale che si recava alla Sam’s Tavern per assistere ad un incontro di football in TV. Fra i commenti della folla: “Morte all’imperialismo” “Un evento mediatico! A Worchester!!!” “C’mon Mick, facci vedere le mutande” ...
Intorno alle 11:30 di sera un van di 35 ft. svoltò nel vicolo fra il Sir Morgan’s Cove ed un garage : all’interno c’erano i 5 Stones, i due tastieristi, Ian Stewart e Ian McLagan, ex Faces e Marlon, il figlio dodicenne di Richards che come ebbe modo di ricordare in seguito Keith stesso “Agiva come un security coordinator, seduto vicino al posto di guida, si informava sulla scorta della polizia, sul percorso, cose così..."
Verso mezzanotte gli Stones salirono sul piccolo palco e per un’ora e mezza letteralmente misero a ferro e fuoco il locale! Accanto ai sicuri cavalli di battaglia come Honky e Under My Thumb suonarono brani più recenti, Start Me Up, Shattered, When the Whip Comes Down, Hang Fire, Neighbours, e qualche chicca del passato come I Just Wanna Make Love To You, Mona, Everybody Needs Somebody to Love, Let It Bleed, All Down The Line ... Uno show incendiario, appunto.
“Fu straordinario” disse Gil Markle, il proprietario di Long View Farm, presente al concerto. “E’ un posto molto piccolo, la gente era incredula di assistere e vedere una leggenda così da vicino”
Gli Stones terminarono il concerto con una tumultuosa versione di Jumpin’jack Flash. All’ 1 e 40 del mattino, il loro van fece capolino sul retro, Jagger saltò la staccionata e si buttò, seguito dagli altri, sul mezzo che sparì velocemente.
“E’ stato grande” disse un’entusiasta Richards qualche giorno dopo “Ancora meglio di quanto ci aspettassimo, perchè era il nostro primo gig e tecnicamente ancora un abbozzo. Faceva un sacco di caldo e circolava poca aria. Ma il pubblico è stato grande, tutti ci siamo divertiti ed è stato di grande aiuto. Sapevamo quali canzoni avrebbero funzionato dal vivo e quali necessitavano di più prove, ma non è stato un concerto difficile. E’ stato come suonare allo Station Hotel, a Richmond, nel ’63. Non si dimenticano certe cose. E’ stato tipo: lo facevamo allora, lo possiamo fare anche adesso”
Nei giorni immediatamente seguenti, la band tentò di organizzare un altro gig a sorpresa. Martedì 15 settembre, il promotore Don Law richiese il permesso per suonare all’Orpheum Theatre a Boston, 2800 posti, il 16 e 17 settembre ma il progetto venne accantonato per ragioni di sicurezza. Lo stesso giorno il sindaco di Boston, Kevin White, offrì la possibilità di tenere un concerto gratis al City Hall Plaza: le radio WAAF e WBCN incoraggiarono quest’idea offrendosi per ridurre le spese per la sicurezza. Gli Stones però declinarono “Il divertimento è andato, adesso è diventato un affare politico”
Quando tutti furono d’accordo, si pensò di fare suonare gli Stones il sabato 19 settembre all’ Ocean State Theatre, sala da 3200 posti, in Providence, Rhode Island. La notte del 18 una TV locale, WLNE, interruppe la trasmissione della partita dei Boston Red Sox per dare la notizia; nel giro di un’ora altre radio locali confermarono luogo e data del concerto ma gli Stones cancellarono l’invito. “Stavamo incominciando il tour secondo lo schedule stabilito, a Philadelphia il 25 settembre” riportò la portavoce del gruppo. Intervistata dall’Hollywood Reporter affermò che in previsione il tour, che si sarebbe protratto fino a metà dicembre, avrebbe portato incassi per circa 39 milioni di dollari US, ben di più di qualsiasi tour precedente “ma non significa che alla band vada in tasca tutto. I costi di produzione di un concerto dei Rolling Stones, sono esageratamente alti”.
Così alti sembra che il gruppo fu felice di avere una parziale sponsorizzazione, Jovan, profumi, che potesse coprire le prime uscite “Non abbiamo mai fatto cazzate del genere prima” disse Richards “ ma ciò ci consente di utilizzare i soldi per organizzare piccoli concerti altrimenti non saremmo in grado di farlo. E’ una felice mediazione: lo sponsor ha quello che vuole, noi abbiamo risorse per concerti per i quali, diversamente, andremmo in perdita. Fra crew e attrezzature da utilizzare, una volta che sono alla porta di questi piccoli posti, agli Stones costa la pagnotta quotidiana. E non è quella la maniera migliore di portare avanti un tour”
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